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Nono dono: la libertà da egoisticale a sacrificale.
Benedire i bambini. Le benedizioni dei piccoli: benedetti i
piccoli che fanno identità perfetta con Gesù. Non una sola
somiglianza, non una sola presenza, non una sola unione,
ma una fusione concezionale, per cui Gesù è il piccolo, e
il piccolo è Gesù.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la libertà egoisticale,
ed ecco uscir fuori la libertà sacrificale. Satana me l’ha
rapita, il visuato Paterno me l’ha restituita, il visualizzato
Figliale me l’ha irrobustita, insegnandomi a discipulare e
chiamandomi a piccolare, ieri con un giogo esemplare, oggi
con uno spirituale. Con esso: chiama a piccolare; i chiamati
se li unisce coniugalmente; i coniugati se li fonde concezionalmente; ai concezionalizzati sono riservate tutte le
benedizioni divine. Tutto questo lo riproduce sensibilmente
nel bambino: chiama i bambini, se li abbraccia singolarmente
e li benedice personalmente toccandoli uno alla
volta. Con un simile tocco spirituale passa ai piccoli il suo
spirito di amore sacrificale; ne viene la loro benedizione. La
benedizione è l’atto del dire e del dire bene, che suppone
sempre l’atto del dare. Per quello che Dio è, gli si addice la
massima benedizione. Per quello che uno riceve da Dio, gli
si addice la benedizione divina e umana.
*) Ai piccoli si addice la totalità delle benedizioni divine
e umane. Gesù stesso le ha accumulate sui piccoli:
a) già abbiamo fatto parola della prima: Benedetti i
piccoli: bene accoglienti il Regno di Dio quaggiù e
sicuri rientranti nel Regno di Dio lassù. Ora passiamo
alla seconda benedizione:
b) Benedetti i piccoli per l’identità perfetta che si stabilisce
fra loro e Gesù. Una beatitudine è giacente nel
Vangelo; Gesù stesso la proferisce così: ‘Chi accoglie
un bambino come questo, nel mio nome, accoglie me’.
Quel bambino l’aveva chiamato Lui, lo aveva posto in
mezzo ai suoi apostoli per dire: ‘se non vi cambiate e non
diventate come i bambini, non entrerete nel Regno dei
Cieli’. Ora aggiunge che chi accoglie uno (il piccolo)
come quello nel nome suo, accoglie lo stesso Gesù.
L’identità del piccolo con Gesù è la massima realizzazione
possibile. È molto di più di una semplice somiglianza.
È molto di più di una semplice presenza. È molto di più di
una semplice unione.
1) Non è una somiglianza: la somiglianza deriva a un
bambino dal coniugio maritale dei suoi genitori.
Visibile sul suo volto, e pronta a far dire a chiunque:
come si assomiglia ai suoi genitori!
2) Non è sola presenza: noi Chiesa l’andiamo ingannevolmente
affermando dei poveri, sono i poveri di necessità.
Di loro diciamo che Cristo è nei poveri. Lo era ieri
quando nel povero paziente non facevamo fatica a
suscitare la fede alla parola fideante. Di fronte al povero
rassegnato di ieri si colloca il povero indignato di
oggi. È un inganno il cominciare dai poveri (ripartire
dagli ultimi), il fare una scelta preferenziale dei poveri,
non tanto perché i poveri di oggi saranno i gaudenti di
domani, se non i delinquenti di domani, magari i mafiosi.
Non dimentichiamo infatti che noi eravamo i poveri
di ieri, siamo diventati i ricchi di oggi che si vanno
velocemente sfideando. Io amo il povero perché mi
consente di volgere su di lui l’amore beneficale ricavato
dal rinnegamento dell’amore egoisticale. Ma io
passo oltre, per arrivare a piccolare e a farmi povero
interiormente per libera scelta. E se non vi trascino il
povero, non lo guadagno, ma lo perdo.
3) Non è neppure unione: come quella che ieri veniva a stabilirsi
tra Gesù e piccolo mediante il giogo esemplare.
4) È perfetta e insolubile identificazione tra Gesù e i piccoli.
Identità fissata dalla fusione concezionale.
Identità concezionale: Gesù col piccolo. Non personale:
quella solo tra Gesù e il Padre.

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