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Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
Con la preghiera di acquisizione quella di liberazione: dal
male fisico e morale. Il morale lo sento vincibile, ma il fisico
invincibile. Eccezione. Donde? Dal mio amore egoisticale
che mi fa amare la vita e odiare la morte. Sentire aizzato
dalla morte castigo del peccato e da un Dio non sacrificale.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera egoisticale
ed ecco uscir fuori la preghiera sacrificale. Ogni
preghiera nasce da una vita che viene a trovarsi nel bisogno
di cose vitali.
1) Quando mancano le cose essenziali alla vita fisica, ogni
persona si fa in preghiera per domandare e ottenere. Su
questa prima elementare preghiera Gesù ha fatto scendere
la sua disapprovazione: ‘Non vi preoccupate del
necessario alla vita fisica. Prima cercate il Regno di
Dio, il necessario vi sarà aggiunto’.
2) Poiché al cristiano preme la salvezza eterna, lo vediamo
gettarsi sulla preghiera nella certezza di ottenerla
con la sola preghiera del dire.
Proprio su questa preghiera Gesù ha fatto scendere il
suo severo ammonimento: Non chi dirà: Signore,
Signore, entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la
volontà del Padre mio che è nei cieli’.
La conclusione illuminante per chi si apre alla luce
Pneumatica, non può essere che questa: la preghiera di
acquisizione materiale o spirituale è una preghiera marcatamente
egoisticale, con la quale Satana ci gioca stupendamente
bene.
Se la preghiera del dire per una acquisizione si merita un
simile giudizio, quale altro giudizio non si meriterà un’altra
preghiera di contenuto diverso e di intensità superiore?
È la preghiera di liberazione. La precedenza nasce in
assenza di qualcosa di vitale. Quest’altra nasce in presenza
di qualcosa di fatale.
1) Nasce in presenza di un male. Può essere fisico: una
malattia; può essere morale: l’odio dei fratelli su di noi.
La nostra attenzione va soprattutto al male fisico, che
nonostante gli sforzi umani, si afferma invincibile;
quello morale invece lo abbattiamo con l’odio.
Parliamo di un male che non perdona, ma alla fin fine
nessuno ci perdona.
Il male fisico nostro e quello dei nostri cari; non così il
male fisico di una persona che ci è nemica; allora,
siamo capaci di averne godimento.
2) Il male fisico tutta l’umanità lo sente, non per sé ma
contro di sé. Unica eccezione: Gesù con la Madre, per
possessione. I veri discepoli per acquisizione. Il male
fisico ogni persona lo sente contro di sé.
3) Donde questo mio sentire? Questo mio sentire me lo dà
un solo e unico amore: l’amore egoisticale.
Per quell’amore io mi amo vivente.
Non occorre alcuna riflessione né alcun ragionamento per
darmi un simile sentire: esso mi viene automaticamente
dal mio amore egoisticale.
È proprio questo che mi fa trovare la mia brutta giustificazione
(bontà del mio sentire): la vita è dono di Dio che va
custodito e difeso.
Lo diciamo anche nella liturgia: Dio amante della vita.
Abbiamo dimenticato il Vangelo: chi ama egoisticamente
la sua vita, la perde. Il mio amore egoisticale fa amare me
vivente, non morente.
1) Il male fisico lo sento contro ancor di più perché, tra le
verità religiose ereditate dell’Antico Testamento ce n’è
una che me lo fa sentire più forte: il male fisico è castigo
di Dio per il peccato di origine.
2) Questa idea potè sbocciare da un’altra: che Dio non
conosce la morte, è immortale e non conosce il sacrificale;
mentre il visuato Paterno me lo mostra sacrificale
senza morte nel talamo eternale e sacrificale con la
morte dell’amore nel talamo metamorfosale.
3) Due cose invincibili:
a) il male fisico
b) il mio sentire.
Ambedue mi fanno pregare per la liberazione.

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