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Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
Terza funzione del male fisico. L’amore sacrificale mi
libera la morte dalla mia egoisticità di odio. A sua volta
la morte fisica benefica l’amore egoisticale. Costa tanto:
preziosità garantita. Viverla con devoto, silenzioso amore
sacrificale: mi sciolgo la morte dell’amore.

 
Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il vecchio fideato e tutto lo rinnova.
Tocca la preghiera egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera
sacrificale. Il visuato Paterno mi ha distolto da
quella egoisticale e di appropriazione e di liberazione per
concentrarmi sulla sacrificale. L’ha ottenuto mostrandomi
l’origine del male fisico: un dono squisitamente Paterno.
L’ha ottenuto facendomene vedere la sua duplice funzionalità:
la prima: il male fisico è un prezioso segno profeticale:
la seconda: il male fisico è il mezzo necessariamente
metamorfosale.
La mia vita fisica non l’ha voluta definitiva, ma transeunte:
volge al suo passaggio per consentirne una migliore. La
vita cede necessariamente, ma cede in trasformazione.
È la metamorfosi:
1) la morte fisica non è aggiunta, ma è l’impasto della vita.
2) È un bene naturale che nessuno mi può togliere.
3) È un bene attivo in due modi diversi:
a) prima del peccato è trasformazione in meglio
b) dopo il peccato è trasformazione in peggio.
Il meglio viene dall’amore sacrificale che me la fa amare.
Il peggio viene dall’amore egoisticale che me la fa odiare
accanitamente. Satana ci ha fatti tutti schiavi della morte:
ce la fa odiare senza alcuna possibilità di vincerla; che ironia
maldestra, quella di Satana!
Mi sento chiamato quindi a liberare la mia morte dalla mia
egoisticità affidandola all’amore sacrificale che subentra a
quello egoisticale. La voglio amare, non vincerla. È inconscio
bestemmiare dire che Gesù ha vinto la morte, quando
l’ha trattata da amica col suo amore sacrificale. Fu con
essa che ha trasformato in meglio la vita presente.
1) L’amore sacrificale si rivela sommamente benefico: mi
libera la morte dalla mia egoisticità, dal mio odio, e ma
la fa amare per una trasformazione in meglio. Un miracolo
grande assai.
2) L’amore sacrificale benefica la morte, ma la stessa
morte benefica l’amore egoisticale. Mi va accumulando
la morte dell’amore cosciente a ritmo crescente.
Alla fine ci troviamo con una massa enorme opprimente,
schiacciante e desolante. La morte dell’amore non si
purga, non si purifica, non si espia; va solamente sciolta
per essere trasformata in vita. Il male all’amore me lo faccio
io; è naturale che me lo sciolga io. Se dagli altri sarà
difficile. Di mia iniziativa non avrei mai né tempo, né
voglia, né forza. Il Padre mi ha fornito un mezzo pregiatissimo:
è proprio la morte fisica: dono Paterno per una
persona nuova.
1) La morte fisica è un sacrificio assai difficile: per le
remore egoisticali che non me lo lasciano amare come
vorrei.
2) È un sacrificio costoso: scioglimento di comunione
egoisticale con me, con le persone, con il mondo.
3) Costa per il dolore pungente, martoriante e schiacciante.
4) Costa per il passaggio da una realtà nota agli occhi a
un’altra che pure intravista nei molteplici segni profeticali
rimane pur sempre una realtà non esperimentata.
5) Costosa per il dissolvimento della mia integrità umana
con la separazione dello spirito dalla materia. Non è
facile, non è delizioso, non è beatificante morire. Il
costo è elevato; quando poi viene praticato dall’arte
diabolica della malvagità umana, allora raggiunge costi
elevatissimi, non sostenibili senza la forza dell’amore
sacrificale.
Ogni vita ha il suo costo sacrificale. Non desiderata, ma
inferiore: stoltezza della nostra egoisticità.
Non superiore domandate, ma quello che il Padre ha assegnato
a ciascuno.
Costo elevato, preziosità garantita. Viverla con devoto
silenzioso amore sacrificale: ne abbiamo assoluzione totale,
trasformazione in vita di morte.

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