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Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale. I
6 segni del beneficale che proviene dal sacrificale degoisticale
e si ammanta di sacrificalità.
1) Beneficando sacrifico quello che sono io
2) Beneficando sacrifico quello che ho di mio

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova.
Tocca la preghiera del dire egoisticale ed ecco uscir fuori
la preghiera del fare sacrificale. Il sacrificale mi ha convinto:
eccolo in coscienza.
Da essa proviene il mio primo fare sacrificale che è degoisticale:
mi tolgo la egoisticità del fare istintivo, mi do un
suicidio che è egoisticale.
È la mia prima preghiera del fare degoisticale. Continua e
metamorfosale: l’egoisticale me la trasforma in beneficale.
Il solo beneficale che viene dal sacrificale è genuino. Il
resto è camuffato di egoisticità.
I segni per scoprirlo sono chiari: pubblicità, riconoscimento,
complimento, compiacimento, tornaconto, garantimento:
sono i segni di inquinamento egoisticale nel mio beneficale.
Ora prestiamo viva attenzione al sacrificale genuino.
Lo è solamente quello che proviene dalla trasformazione
dell’amore egoisticale. Per questo si qualifica sacrificale.
Come l’egoisticale ha i suoi segni inconfondibili, così il
sacrificale ne ha altrettanti, tutti contrari.
1) Il beneficale sacrificale ama il silenzio interiore e il
nascondimento esteriore. Un detto proverbiale consacra
la prima nota: ‘Il chiasso non fa bene, il bene non
fa chiasso’. Non certo per eliminare i finti laudatori, ma
unicamente per non sentirsi istigato a un furto sacrilego;
chi mi loda mi provoca al furto: godimento del bene
fatto e della lode ottenuta: magra riconoscenza, ma
quanto affascinante e seducente. Silenzio e nascondimento
è la stanza frigorizzata dove il ladro egoisticale
non entra.
2) Devia da sé, sinceramente, ogni riconoscimento.
Indirizzando a Dio la lode sono sincero: è Lui che mi
dà la capacità del fare il bene col suo amore sacrificale
di cui mi ha dotato.
3) Non assapora alcun laudamento. Non è facile sputar fuori
la dolcezza della lode; mi è possibile solamente denudando
il mio piacere: è piacere delle morte dell’amore.
4) Soffoca ogni compiacimento personale: accogliendo
con amore il dono della glacialità generale.
5) Accetta serenamente ogni misconoscimento (ingratitudine)
di ritorno: è bene per me il beneficale non ripagato
col beneficale: ne ottiene una purificazione totale.
6) Il beneficale se ne va sicuro solamente del sacrificale.
Il beneficale risulta sacrificale non solo per la sua provenienza,
ma pure per la sua concomitanza: il beneficale
si ammanta di sacrificale.
La varietà del sacrificale che si accompagna al beneficale
è davvero sconfinata.
La riduciamo a due filoni:
1) Beneficando sacrifico quello che sono io. Io sono corpo
animato e spirito creato: sacrifico la mia vita, le mie
energie, le mia intelligenza e la mia volontà, per dare
pieno svolgimento al beneficale. Sono dignità e onorabilità:
non temo a sacrificare l’una e l’altra, per dare
maggior valore alla mia beneficalità.
2) Beneficando sacrifico quello che ho di mio: ho il lavoro
e ho il riposo, il cibo, il vestito, la abitazione. Ho
soldi e capitali, ho svago e diversivo, ho amicizie e
legami affettivi: tutto quello che ho lo posso variamente
sacrificare sull’altare del mio beneficale.
Saremmo tentati di pensare e di dire che col beneficale
variamente sacrificale siamo arrivati al capolinea e il
mezzo può finalmente sostare e riposare. Mentre il beneficale
sacrificale è solamente un passaggio obbligato, è un
puro mezzo di trasporto, è un semplice veicolo che mi
vuol portare al sacrificale definitivo e finale. È vera preghiera:
è la mia preghiera del fare sacrificale beneficale,
preghiera non continua, ma intermittente, ma è sempre
preghiera di mezzo. Mi deve portare alla finale: e sarà preghiera
del fare sacrificale inimicale di libera accettazione.

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