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Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale. La
morte sacrificale è buona. Lo è anche la morte nella sua
nudità? La persona punta alla grandezza economica. Con
essa consegue la potenza direzionale e sessuale. La morte
la riduce a nudità piccolare. Se scoppia il dolore è salva.
Se permane nel suo livore contro la morte va alla rovina
eternale.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera egoisticale
ed ecco uscir fuori la preghiera sacrificale.
Abbiamo lasciato la preghiera egoisticale del dire sia di
acquisizione che di liberazione dal male fisico, e siamo
passati a quella sacrificale del fare. Ci siamo lasciati condurre
dal visuato Paterno che ci ha aperto gli occhi sul
male fisico: malattia, dolore, agonia e morte. Abbiamo
ravvisato nel male fisico: un dono squisitamente Paterno,
un segno marcatamente profeticale, un mezzo generosamente
metamorfosale.
È buona la morte: è vita che cede, ma in trasformazione in
meglio, non appena l’amore sacrificale me la prende per
mano, sottraendola alla schiavitù dell’amore egoisticale.
Benefico l’amore sacrificale verso la morte, ma pure benefica
la morte verso l’amore egoisticale: mi scioglie al
completo la morte dell’amore cosciente.
Non possiamo passare oltre senza riservare una attenzione
alla morte nella sua rigida e severa nudità, quando non
trova alcuna apertura all’amore sacrificale. Dobbiamo dire
che la morte è l’ultima donazione Paterna per metamorfosare
tutta una vita integralmente costruita in egoisticità.
Produce la radiografia dell’uomo di oggi tutto proteso alla
sua realizzazione egoisticale. Cogliamo la persona al vertice;
non è detto che la persona della base non gli somigli
alla persona del vertice egoisticale. Ai nostri giorni ogni
persona può realizzare la sua egoisticità appieno. Parte
con una vasta cultura intellettuale e professionale. Con
essa consegue una posizione sociale che la porta a collocarsi
nella sfera degli aspiranti alle grandezze egoisticali.
1) Basilare grandezza è quella economica costruita con le
proprie mani (poco pulite) e con mani amiche (sporche).
2) La grandezza economica sviluppa una rosa di potenze.
La prima è la potenza direzionale: sia politica che sindacale
e sociale, imprenditoriale. A ruota segue la potenza
sessuale che dà vita a forme arditissime, spericolate, sconvolgenti
ogni ordine sociale, morale e religioso. La persona
egoisticale è lì pienamente realizzata. Persona grande,
persona potente, persona gaudente. Smontare e decomporre
una simile persona per via ordinaria non è possibile:
manca il tempo, la voglia, la capacità.
1) Se per quella vita il Padre ha programmato una morte
rapida e fulminea, peraltro caldamente invocata, che
non è di spazio ad alcuna riflessione, la persona egoisticale
viene a trovarsi in fissazione eternale in tutta la
sua realtà di morte dell’amore.
2) Ma se il Padre vi ha programmato una malattia lunga e
dolorosa o una età sacrificale lunga e spaziosa nella sua
espressione, allora il dono Paterno della morte può
svolgere la sua capacità sommamente benefica.
Una vita che va perdendo una rete di sovrastrutture egoisticali
dà alla persona una desolante sensazione di squallida
nudità. La sua egoisticità compare in tutta la sua
meschinità ingannevole. La persona si sente piccola e
desolata a un centimetro: ecco la prontezza Paterna a
immergere quella nudità desolante in un mare di dolore.
La persona egoisticale è salva. Si è lasciata piccolare dalla
morte. Ma se anche in quella insiste nel suo giganteggiare,
allora il Padre sarà la sua morte eternale. Un segno che
la sua egoisticità neppure la morte riesce a scalfire è la
tenuta finale dell’odio contro chi non è riuscito ad abbattere,
ovvero l’ha abbattuta. Quando l’odio combacia
finanche con la morte, allora abbiamo la misura di un vertice
egoisticale che neppure la morte riesce a scalare.
Buona la morte:
1) Nel santo: vi scioglie il male cosciente
2) Nel peccatore in cui riesce a far scorrere un’onda possente
di dolore che fa solubile la morte dell’amore.
3) Fatale invece per la persona graniticamente realizzata
nella sua egoisticità: pone un sigillo eternale alla morte
dell’amore; da stolti pensare solubile: è insolubile.

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