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Nono dono: la libertà da egoisticale a sacrificale. Le
benedizioni divine. Benedetti i minimanti quaggiù, grandeggianti
lassù. La mutazione sostanziale non per vendetta,
non per rivincita. Neppure per compensazione descritta
da Paolo, affermata dal Vangelo e fatta propria dai cristiani
e dalla Chiesa.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la libertà egoisticale,
ed ecco uscir fuori la libertà sacrificale.
Satana me l’ha rapita, il visuato Paterno me l’ha restituita,
il visualizzato Figliale me l’ha irrobustita insegnandomi a
discipulare e chiamandomi a piccolare con un giogo spirituale:
il suo spirito di amore sacrificale. Con essa: chiama
a piccolare; i chiamati se li unisce coniugalmente; i coniugati
se li fonde concezionalmente; ai concezionalizzati
riserva la somma delle benedizioni divine.
1) Dopo la prima: Benedetti i piccoli bene accoglienti il
Regno di Dio quaggiù, sicuri rientranti nel Regno di
Dio lassù,
2) Siamo passati alla seconda: benedetti i piccoli per la
loro identicità con Gesù;
3) Abbiamo toccato la terza: benedetti i piccoli per la loro
perfetta identità con la Trinità.
4) Ci siamo inoltrati nella quarta: benedetti i piccoli picconanti
quaggiù, grandeggianti lassù.
La parola evangelica ce lo ha bene affermato, ma nel timore
che lì la fede non riesca a comporsi, abbiamo aperto una
accurata indagine per scoprire il motivo reale di un mutamento
sostanziale per cui i piccoli quaggiù saranno grandi
lassù. Abbiamo aperto il quadro delle esclusioni: piccoli
quaggiù, grandi lassù, ma per quale intervento divino?
1) Non certo per una vendetta divina, anche se Giovanni
l’ha posta sulle labbra dei santi: ‘Vendica il Signore il
sangue dei martiri che è stato versato’.
2) Non certo per una rivincita o rivalsa: sempre animate
dall’odio. Ed ora proseguiamo nelle esclusioni.
3) Forse per una esigenza di compenso? I piccoli quaggiù
accettano dei forti scompensi e Dio lassù si sente impegnato
a dare una sovrabbondante compensazione per
una esigenza di giustizia o per un concorso di generosità.
L’esigenza del compenso l’ha affermata san Paolo
nei confronti di Gesù, scrivendo ai Filippesi: ‘Cristo
Gesù pur essendo di natura divina non considerò gelosamente
la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se
stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo
simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se
stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla
morte di croce: questo è lo scompenso.
Ma ecco pronta la compensazione divina: per questo
Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di
sopra di ogni altro nome’. Gesù piccolissimo quaggiù,
grandissimo lassù. Giusto? Giustissimo, e chiunque di
noi è pronto a provarlo.
Giusto; ma non siamo ancora al nucleo centrale di una
variazione sostanziale: piccoli quaggiù, grandi lassù.
Paolo dove ha attinto la giustezza della compensazione?
Sicuramente dal Vangelo. Conosciamo una parabola
in cui la compensazione è messa avanti come spiegazione
di un destino diverso: la parabola del ricco epulone.
Vi parla una grande bocca di verità: Abramo:
‘Ricordati che ti hai ricevuto i tuoi beni nella tua vita,
mentre Lazzaro i suoi mali. Adesso quegli è consolato,
tu invece spasimi’. Alla legge del compenso il ricco
non ha più nulla da obiettare.
Il male è che da Paolo e dal Vangelo i cristiani ancora
di oggi che non riescono a star bene come vorrebbero
per uguagliare i ricchi gaudenti vanno convinti che il
compenso scatterà proprio per loro che debbono sudare
per campare in questo mondo.
Se non ci salviamo noi poveretti dalla vita stentata, non
si salveranno certamente quelli che se la godono; come
se bastasse una condizione stentata di qui per averne
una agiata lassù. La legge del compenso finisce per
farci male. Non la diciamo e non la vediamo dal
momento che possediamo la visione Pneumatica di un
cambiamento così vistoso.

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